La Generazione dei mai vecchi …

 

NEW YORK – Per lui c’è The End of Illness dell”autorevole oncologo David Agus, una guida pratica su come invecchiare senza malattie. Per lei, Suzanne Braun Levine ha scritto Inventing the Rest of Our Lives, manuale che insegna a reinventarsi il resto della vita in quella che l”America ha già ribattezzato “Second Adulthood“, la seconda età adulta. Sono i due top best-seller di una lunga lista di nuove opere che indicano il passaggio di un”epoca. Il cinema, sempre un indicatore attento dei cambiamenti di costume, ha appena festeggiato l”Oscar a Meryl Streep: 63 anni a giugno. La sua concorrente più quotata quest”anno era Glenn Close che compirà i 65 fra tre settimane: l’età legale della pensione in molti paesi. I revival sullo schermo di Diane Keaton, le carriere strepitose delle inglesi Helen Mirren, Judi Dench, Vanessa Redgrave, stanno a dimostrare qualcosa: siamo in cerca di nuovi modelli, per un ruolo da definire.

Quello dell”anziano-giovane è il terremoto positivo dei nostri tempi: economico, sociale, sanitario, culturale. In Italia questa parola “anziano” è stata sequestrata dai contabili della gestione pensionistica, l’aumento eccezionale della longevità è ridotto a uno “squilibrio” nella partita doppia della finanza pubblica. In America invece si cominciano a prendere le misure di una straordinaria rivoluzione positiva: per capire come trarne i massimi benefici, e arrivare preparati all”appuntamento con questo shock che non è solo demografico. Un’armata di esperti americani sta cercando di aprire gli occhi alla classe dirigente su questa sfida: il capitale umano delle “pantere grigie” sarà una delle materie prime del futuro, una riserva strategica a cui attingere. Cosa farà del suo tempo questa Generazione Immortale?

In Germania la ministra del Lavoro Ursula von der Leyden ha lanciato un appello alle imprese: “Assumete gli ultra-cinquantenni, è dimostrato che in media aumentano la produttività del 2%”. Le ragioni: gli over 50 arricchiscono l”ambiente di lavoro con un bagaglio di conoscenze e di relazioni; non hanno più il bisogno impellente di fare carriera e quindi sono collaborativi e costruttivi; infine hanno meno oneri familiari e quindi sono i più flessibili negli orari e nella mobilità geografica.

Gli americani restano i più veloci nell’avvistare le novità, e impadronirsene. Perfino dal punto di vista linguistico: ecco la gara a riclassificare la toponomastica delle generazioni, a dare un nome a ciò che non è mai esistito nella storia dell’umanità, e cioè un’età in cui i capelli bianchi e la forma fisica e intellettuale possono convivere armoniosamente per un decennio o anche più. Ecco l’idea di chiamare Seconda Età Adulta, questa fase che si dilata: fra i cinquanta e la terza età, un luogo del corpo e dello spirito che si allarga a dismisura (in anni, e in milioni di persone). In Our Prime: the Invention of Middle Age è un’altra opera-chiave per cogliere quel che sta avvenendo. L’ha scritta Patricia Cohen e questo è un vero saggio storico e sociologico, non un manuale di consigli. La Cohen ricorda che le “età” sono delle costruzioni culturali: l’adolescenza, per esempio, non esisteva dagli albori della storia umana fino all’Ottocento, perché i bambini appena possibile andavano a lavorare nei campi e questo segnava il passaggio istantaneo dall’infanzia all’età adulta. L’adolescenza è il prodotto sociale e culturale di un’età del benessere, dell’emergere di una borghesia di massa i cui figli potevano prolungare gli studi e ritardare l”iniziazione alla fase adulta. Un’età che la cultura e la moda, l’industria e l’arte hanno “riempito” di contenuti un tempo impensabili. Lo stesso avviene ora, sostiene la Cohen, con l”invenzione obbligatoria di una nuova fase della vita: una lunga “età di mezzo” che può anche coincidere con la pensione, ma certo non porta più le stimmate dell’invecchiamento.

Sempre pratici, gli americani hanno già costruito un’industria culturale (e sanitaria) per questa Generazione di Immortali che diventa fenomeno di massa. Il libro di David Agus è uno dei migliori, rifugge dalle banalità, dai suoi studi sul cancro ricava un approccio olistico alla salute: condanna senza pietà il business dei supplementi vitaminici (cancerogeni), demolisce l’illusione che l’elisir di lunga vita sia una mezz’ora di palestra al mattino seguita da 23 ore di vita sedentaria. Spiega che non esiste una ricetta unica, una singola risposta, e l’importante è la conoscenza di sé. Ma è chiaro il messaggio profondamente ottimista di quella “Fine delle Malattie”. Siamo a una svolta profonda, di cui finora avevamo visto solo le caricature: i vegliardi che insidiano ragazzine, l’orgia di chirurgia estetica e di Botox, tutto questo appartiene alla preistoria di un fenomeno sociale che oggi entra nel vivo.

Il tema viene indagato con una passione perfino superiore sul versante femminile. Forse perché il cambiamento è ancora più profondo per le donne. La Cohen lo descrive così: “Una volta esauriti tutti i ruoli sociali tradizionali, una volta che i figli sono adulti e hanno lasciato casa, ti restano vent”anni o anche più da riempire in un modo nuovo”. Suzanne Braun Levine calcola che sono “37 milioni le donne americane che stanno entrando nella decade dei loro cinquanta o sessant”anni”. È una “generazione unica”, con problemi e potenzialità sconosciute nel passato, salvo che per piccole élite privilegiate. “Hanno svolto tutti i compiti prescritti: figlia, moglie, madre, lavoratrice, ma non sono pronte a ritirarsi. Vogliono sperimentare qualcos”altro”. Una parte di questo “qualcos”altro” riguarda la sfera affettiva: non a caso l”altro best-seller della Braun Levine (e capofila di una sterminata produzione editoriale) s”intitola Sesso e nuova intimità nella Seconda Età adulta. Un”altra parte riguarda invece l”attività, e chiama in gioco l”organizzazione delle nostre società: i ruoli delle generazioni sul luogo di lavoro, la valorizzazione dei contributi che ogni età può dare. L’America è il laboratorio sperimentale per eccellenza. Da una parte, la patria del salutismo ha “fabbricato” per prima la Generazione Immortale, ha predisposto tutte le condizioni per la sua fioritura. Negli Stati Uniti è attecchito prima ancora che in Europa il salutismo dei consumatori, il business colossale dell”alimentazione “organica” (agricoltura biologica, vegetarianesimo e variante radicale vegan). Una pionieristica Jane Fonda lanciò l”aerobica per signore cinquantenni, la prova generale di quel che sarebbe avvenuto due decenni dopo con il boom di massa dello yoga: la tipica disciplina che non conosce barriere generazionali, dove i corsi si affollano di ultra-cinquantenni intenzionati a lenire gli strappi muscolari del tennis e dello sci. Gli Stati Uniti hanno anche lo “hardware sociale” che può consentire una transizione più rapida: la terra della flessibilità estrema, dove non esiste una differenza tra garantiti e precari, dove il concetto di posto fisso è sostanzialmente inesistente in tutti i settori di attività, ha le condizioni per poter sperimentare un reinserimento di massa degli ultra-sessantenni. In parte questo avviene sotto la spinta del bisogno: per ovviare a pensioni insufficienti. Ma anche se uno dei motori è la necessità, l’America ha il vantaggio di non conoscere meccanismi automatici di esclusione dai luoghi di lavoro: qui il concetto di età pensionabile è elastico. Ed è la prima grande nazione sviluppata ad avere esteso agli anziani le tutele nate per donne, minoranze etniche, appartenenze religiose: con il divieto della “discriminazione generazionale”, contro il licenziamento degli anziani si può fare ricorso se è una forma di razzismo. Dall’alimentazione allo sport, dalla vita sessuale al volontariato, l’American Way of Life sta ripensando se stessa per far posto a questa affollata Generazione Immortale: ma la promessa del massimo cambiamento è quella che investe l”organizzazione d”impresa. Perfino i grandi miti del capitalismo americano si sono adattati. Steve Jobs non sconfisse la malattia, l”età sì: lui che apparteneva alla generazione hippy secondo cui “non devi fidarti di nessuno che abbia più di trent”anni”, in realtà concentrò tutti i suoi errori prima dei trenta, e i suoi trionfi immortali a cavallo dei cinquanta.

‘La generazione dei mai vecchi – La Repubblica del 1 Marzo 2012’